lunedì 4 gennaio 2016

The true... True time

Che cos’è il “True time”? Questa espressione, di cui talvolta addirittura si abusa, è stata coniata da George Silver nella sua opera “Paradoxes of defence” del 1599. Normalmente, si tende ad attribuirle il significato seguente: la sequenza con cui bisogna muovere gli arti nel portare un colpo è mano, corpo, piede/i. Contrariamente, se si usa la sequenza piede, corpo, mano si è in “False time”. Sebbene tale sequenza sia corretta, e sia innegabile il fatto che la mano si muova più velocemente del corpo e dei piedi, il termine True time non si esaurisce in questo.

Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che Silver vuole condurre la sua azione schermistica ideale da quello che lui chiama "the Place", ossia la distanza dalla quale può colpire l'avversario semplicemente distendendo il braccio. Alcuni autori italiani direbbero di essere a misura stretta. La sua strategia e tattica consistono tutte nel riuscire ad arrivare a questa misura di braccio. Ora, come ci si arriva? Qui viene il difficile. Lui, infatti, ci dice che ogni volta in cui dobbiamo muoverci con i piedi verso l'avversario per poterlo colpire, agiremo in False time; questo perché, quando devo muovermi, la velocità con la quale la mia spada arriva a bersaglio è inevitabilmente legata a quella dei miei piedi, essendo questi i più lenti (indipendentemente dal fatto che io muova prima la spada o meno). Quindi, come faccio ad arrivare in questo place senza fare un False time? Semplice (relativamente): eseguo un'azione nel place dal quale posso colpire solo un bersaglio avanzato, per esempio, o dove posso eseguire una battuta sulla spada, o prendere il legamento, o eseguire una finta. Quando eseguo una delle azioni citate e l'avversario reagisce, ecco che mi sta dando un Tempo, Tempo nel quale io posso muovermi e raggiungere il mio place dal quale attaccare un bersaglio profondo in sicurezza. Dal place, infatti, sarò sempre in vantaggio di Tempo e potrò quindi agire in maniera sicura in True time. Quindi, in questo caso, avrò eseguito un True time of the hand, body, foot/feet, al quale potrò far seguire ulteriori True time. Insomma, finché io sono nel place agisco in True time e viceversa. Altra situazione avviene quando è l'avversario ad attaccare (sia che sia lui a cercare il suo place, sia che sia ignaro di ciò ed esegua un False time). In questo caso, anche quando mi difendo parando, muovendomi o entrambe le cose assieme, sto eseguendo un True time per portarmi nel place. Da lì, a seconda di dove sono e che azione difensiva ho eseguito, posso eseguire ulteriori True time per andarlo a ferire, rimanendo in vantaggio di Tempo.

Ora, Silver mosse una pesante critica nei confronti della scherma italiana, che era approdata in Inghilterra in quegli anni. In sostanza, affermò che la scherma che insegnavano gli italiani fosse tutta Falsa: secondo lui, infatti, i maestri non sarebbero stati consapevoli delle leggi che regolano il duello schermistico e avrebbero portato dunque a morte certa gli allievi, destinati casomai a sopravvivere più grazie alla buona sorte che a dei veri principi schermistici. In realtà, seppure non li chiamassero esplicitamente True time, gli italiani si sono dimostrati ben coscienti di tali principi, che emergono già dalla scuola bolognese e sono ben descritti sia in Di Grassi (il cui trattato fu tradotto in inglese pochi anni prima della pubblicazione del “Paradoxes of defence”) che, successivamente, negli autori del Seicento. Marcelli, in particolare, li porterà ai massimi livelli, andando addirittura a cominciare l’azione un passo più indietro, ben conscio di come stare alla sola misura di braccio (o meglio braccio e affondo per lui e coevi) sia troppo pericoloso.

Ci tengo a ringraziare Martin Austwick per il suo approfondito lavoro su Silver, che mi ha permesso di capire questo concetto di non immediata comprensione.


Fabio Serraglio

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