Che cos’è il “True
time”? Questa espressione, di cui talvolta addirittura si abusa, è stata
coniata da George Silver nella sua opera “Paradoxes of defence” del 1599. Normalmente,
si tende ad attribuirle il significato seguente: la sequenza con cui bisogna muovere gli arti nel portare un colpo è
mano, corpo, piede/i. Contrariamente, se si usa la sequenza piede, corpo,
mano si è in “False time”. Sebbene
tale sequenza sia corretta, e sia innegabile il fatto che la mano si muova più
velocemente del corpo e dei piedi, il
termine True time non si esaurisce in questo.
Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che Silver
vuole condurre la sua azione schermistica ideale da quello che lui chiama "the Place", ossia la distanza
dalla quale può colpire l'avversario semplicemente distendendo il braccio. Alcuni
autori italiani direbbero di essere a misura stretta. La sua strategia e
tattica consistono tutte nel riuscire ad arrivare a questa misura di braccio.
Ora, come ci si arriva? Qui viene il difficile. Lui, infatti, ci dice che ogni
volta in cui dobbiamo muoverci con i piedi verso l'avversario per poterlo
colpire, agiremo in False time; questo perché, quando devo muovermi, la velocità
con la quale la mia spada arriva a bersaglio è inevitabilmente legata a quella
dei miei piedi, essendo questi i più lenti (indipendentemente dal fatto che io
muova prima la spada o meno). Quindi, come faccio ad arrivare in questo place
senza fare un False time? Semplice (relativamente): eseguo un'azione nel place
dal quale posso colpire solo un bersaglio avanzato, per esempio, o dove posso
eseguire una battuta sulla spada, o prendere il legamento, o eseguire una
finta. Quando eseguo una delle azioni citate e l'avversario reagisce, ecco che
mi sta dando un Tempo, Tempo nel quale io posso muovermi e raggiungere il mio
place dal quale attaccare un bersaglio profondo in sicurezza. Dal place,
infatti, sarò sempre in vantaggio di Tempo e potrò quindi agire in maniera
sicura in True time. Quindi, in questo caso, avrò eseguito un True time of the
hand, body, foot/feet, al quale potrò far seguire ulteriori True time. Insomma,
finché io sono nel place agisco in True
time e viceversa. Altra situazione avviene quando è l'avversario ad
attaccare (sia che sia lui a cercare il suo place, sia che sia ignaro di ciò ed
esegua un False time). In questo caso, anche quando mi difendo parando,
muovendomi o entrambe le cose assieme, sto eseguendo un True time per portarmi
nel place. Da lì, a seconda di dove sono e che azione difensiva ho eseguito,
posso eseguire ulteriori True time per andarlo a ferire, rimanendo in vantaggio
di Tempo.
Ora, Silver mosse una pesante critica nei confronti della
scherma italiana, che era approdata in Inghilterra in quegli anni. In sostanza,
affermò che la scherma che insegnavano gli italiani fosse tutta Falsa: secondo
lui, infatti, i maestri non sarebbero stati consapevoli delle leggi che
regolano il duello schermistico e avrebbero portato dunque a morte certa gli
allievi, destinati casomai a sopravvivere più grazie alla buona sorte che a dei
veri principi schermistici. In realtà, seppure non li chiamassero esplicitamente
True time, gli italiani si sono
dimostrati ben coscienti di tali principi, che emergono già dalla scuola
bolognese e sono ben descritti sia in Di Grassi (il cui trattato fu tradotto in
inglese pochi anni prima della pubblicazione del “Paradoxes of defence”) che,
successivamente, negli autori del Seicento. Marcelli, in particolare, li
porterà ai massimi livelli, andando addirittura a cominciare l’azione un passo
più indietro, ben conscio di come stare alla sola misura di braccio (o meglio
braccio e affondo per lui e coevi) sia troppo pericoloso.
Ci tengo a ringraziare Martin Austwick per il suo
approfondito lavoro su Silver, che mi ha permesso di capire questo concetto di
non immediata comprensione.
Fabio Serraglio
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