lunedì 14 marzo 2016

Perchè lo slowmotion?

Ed eccoci ad affrontare il dibattutissimo dilemma che divide in due le arti marziali storiche europee: è meglio tirare alla massima velocità con tutte le protezioni addosso, oppure andare piano indossando solo la maschera e un paio di guantini leggeri?
I sostenitori della prima opzione affermano che non avere la possibilità di andare alla massima velocità e dovere trattenere i colpi equivarrebbe a introdurre troppi artefatti, rendendo di fatto l'incontro inutile.
I fautori della seconda modalità, invece, sostengono che avere troppe protezioni addosso porti a non rispettare più il principio del "toccare senza essere toccati", rendendo di fatto l'incontro altrettanto inutile.

Qual è l'opinione di chi scrive? Come avrete certamente avuto modo di intuire se frequentate il mio canale YouTube, io preferisco di gran lunga la seconda opzione.

Cerchiamo però di analizzare più in dettaglio gli aspetti delle due modalità.
Innanzitutto, dobbiamo porci delle domande alla quali dobbiamo rispondere con estrema sincerità: qual è il nostro obiettivo? Per cosa vogliamo allenarci? Quale tipo di ambiente ed eventi vogliamo frequentare?
Molti potranno optare per la sola componente sportiva/torneistica e in questo caso la scelta è quasi obbligata: dovrete usare il gambeson e tutte le altre protezioni. Altri, come il sottoscritto, potranno invece scegliere un approccio più disinteressato nei confronti delle competizioni e orientarsi invece verso una scherma su base storico-ricostruttiva e verso un percorso totalmente marziale. Infine, c'è chi sceglierà un percorso ibrido fra i due estremi: la maggior parte dei praticanti rientra in questa categoria.

Partiamo dal presupposto che nessuna delle due vie è priva di artefatti. L'allenamento di qualunque arte marziale è di per sé “falso”, in quanto il fine originario di tali arti era quello di uccidere o menomare gravemente le persone. Possiamo però analizzare singolarmente uno o più aspetti della suddetta arte per cercare poi di triangolare la soluzione finale.
A seconda di quali aspetti si vuole tenere in considerazione, si andrà a scegliere la via più adatta.

Personalmente, tengo in considerazione alcuni aspetti volutamente estremi, legati alle origini della scherma e del combattimento in generale. Pur non essendo più reali, ritengo rimangano importanti nell’ottica di una corretta visione marziale della scherma. Tali aspetti sono i seguenti:

  • Quella che sto studiando è un'arte per imparare a difendere la mia vita togliendola a qualcun altro. Questa è una cosa che ogni spadaccino dovrebbe tenere sempre a mente. Possiamo dipingerla con belle parole, ma questa rimane "un'arte mortifera e omicida". Il fatto di sguainare la mia arma indica che tutto quello che si poteva fare per evitarlo è fallito e sono costretto a imporre la mia estrema volontà, ovvero la sopravvivenza, a discapito di quella di qualcun altro.
  • L'oggetto che io e il mio avversario abbiamo in mano è un'arma e come tale devo considerarla. Quando colpisco o vengo colpito, una persona muore.
Tenendo in considerazione ciò, mi rifaccio al principio di "toccare senza essere toccato". Colpire il mio avversario ma rimanere colpito a mia volta è un controsenso. Arrischiarsi a colpire senza avere la relativa (e dico relativa perchè esistono variabili quasi illimitate) certezza di uscirne indenne, è un controsenso. Se il mio avversario avesse in mano una spada affilata lo farei? Rischierei con leggerezza di essere colpito, magari con conseguenze mortali? Di solito la risposta è NO. 

Come si fa dunque a rispettare questi principi per apprendere l'arte della scherma? La risposta è: imparando a conoscerla. Per poter affrontare un combattimento al meglio, è imperativo conoscerne i principi e le tecniche in maniera approfondita. Originariamente quest'arte non si poteva imparare “sul campo”, scontro dopo scontro, perché perderne uno avrebbe significato la morte. Se ne deduce quindi che l’apprendimento vero e proprio dovesse essere ristretto all’allenamento. Tornando ai giorni nostri, quindi, risulta difficile pensare di potere “testare le tecniche” in torneo, ossia in quel momento che idealmente dovrebbe rispecchiare il duello. Non si può fare affidamento sul caso o sulla fortuna: queste sono caratteristiche del gioco, non dell'arte.
Il modo migliore per imparare la scherma è praticarla discostandosi il meno possibile dalla sua forma reale: idealmente, quindi bisognerebbe praticarla senza nessuna protezione e con armi affilate. Vivendo però nel XXI secolo e in una società radicalmente diversa, ci occorre un minimo di sicurezza: maschera da scherma e spade non affilate, almeno fino a determinati livelli di abilità (così come avviene in discipline orientali come lo iaido, dove la katana affilata è ammessa a partire dal III dan).
Se, come abbiamo detto, la sopravvivenza dipende dalla mia abilità tecnica, è questa che devo allenare: quindi non la mia velocità, la mia esplosività o la resistenza, ma il gesto, la fine abilità motoria, la precisione e la compostezza con la quale eseguo la mia azione schermistica. 
Queste abilità possono essere apprese solo entrando in una relazione profonda con lo strumento che usiamo, che diventa quindi estensione diretta del proprio corpo. 

A questi aspetti se ne collega un altro importantissimo: il controllo. Controllo significa avere sviluppato una sensibilità particolare, che mi permette di gestire il mio strumento sotto ogni aspetto e con il giusto grado di forza. Viene da sé che queste abilità non possono essere apprese nel corso di breve tempo, ma richiedono letteralmente anni per giungere a perfezionamento. Per imparare, bisogna eseguire i gesti lentamente, in modo che i nostri muscoli imparino ad abituarsi al gesto, che lo facciano proprio, di modo che il nostro cervello passi gradualmente dal pensare all'azione che stiamo eseguendo, all'agire senza pensare. Sono i cosiddetti “schemi motori”, studiati anche in fisiologia. Per usare un esempio abbastanza calzante: quando un giovane cuoco va a scuola di cucina, vede il suo insegnante affettare una carota con un coltello affilatissimo in maniera precisissima e con la lama che passa vicinissima alle dita, andando però a produrre decine e decine di fette tagliate alla perfezione. Per imparare dovrà affettare centinaia di carote nel corso degli anni, cominciando alla velocità con la quale produce delle fette presentabili senza però perdere le dita. Col passare dei mesi e degli anni, lui continuerà a ripetere lo stesso gesto, che arriverà a eseguire inconsciamente.
Questa forse è la più grande incomprensione riguardo il cosiddetto “slow motion”: i detrattori pensano che sia un gesto fine a se stesso, perché "tanto è solo un gioco, se andassimo più veloce non riuscirei a reagire in tempo"... Ovvio! Perché non si è ancora in grado! Per fare un'analogia: se fossimo dei piloti, nessuno si sognerebbe di fare due giri su una normale Panda da scuola guida e poi passare su una formula uno. Occorrono anni e anni di formazione, di abitudine, finché i gesti che riuscivamo a fare solo lentamente, senza accorgersene diverrano sempre più veloci. Noi non percepiremo subito la differenza di velocità nei nostri gesti, ma chi da fuori ci osserva non riuscirà a capire come possiamo essere così rapidi.
Chiedete a un musicista, un vero musicista, quante ore, giorni, mesi ha passato a fare le scale con il metronomo a ritmo lento. Non penso che troverete mai qualcuno che sia passato in una giornata da 10 a 100.

Questo, a mio avviso, è attualmente il grosso problema dell'hema: tutti hanno fretta di cimentarsi in incontri, tornei, sfide, ma quanti di essi ne sarebbero all'altezza? Vogliamo tutti passare dalla scuola guida alla formula uno senza essersi fatti cinque o sei anni sui kart, formule minori, gp3, gp2, scuola piloti F1 e tutti gli ulteriori passaggi intermedi. O, passando alle analogie culinarie, affettare la carota affidandosi alla protezione di un guanto di maglia e percuotendo il tagliere con movimenti velocissimi ma inevitabilmente imprecisi.

Quindi, per tornare all'argomento originario: è vero, lo slow motion porta con sé un sacco di artefatti, e sì, non è “la scherma”, ma a mio avviso è il migliore strumento che abbiamo a disposizione come marzialisti per migliorare noi stessi.
D'altro canto, la scherma full speed conta altrettanti artefatti e per certi versi si discosta in maniera molto "peggiore" dalla “Vera scherma”, in quanto porta alla non conservazione di se stessi. Se, poi, la necessità di non farsi male e quindi coprirsi di protezioni diventa un pretesto per non avere il controllo dell’arma, si ricade nuovamente in un grave artefatto. Sono considerazioni che ho maturato avendo avuto a che fare sia con realtà sportive che puramente marziali, sia nell’ambito della arti orientali che occidentali.

Un altro argomento a favore dell'approccio in slow motion è il seguente: per un bravo schermidore "lento", è molto facile la transizione al full speed. Deve semplicemente "togliere" alcuni dei meccanismi che ha acquisito e limitarsi alle abilità motorie di base. Al contrario, uno schermidore abituato a tirare quasi esclusivamente con le protezioni addosso, mancherà delle competenze e delle fini abilità motorie necessarie al combattimento senza protezioni. Quindi lo slow motion porta, in fin dei conti, solo vantaggi.

Con questo non si vuole dire che dedicarsi alla scherma storica in chiave puramente sportiva presenti solo svantaggi. L’approccio sportivo puro trova la sua applicazione reale nell’ambiente della competizione stessa. È quanto avviene, per esempio, negli sport da combattimento (da non confondere con le arti marziali cosiddette tradizionali), come la boxe, il taekwondo olimpico e anche la scherma moderna. In questi casi, per allenarsi al meglio bisogna ricreare le stesse condizioni dell’applicazione sportiva: stesso equipaggiamento, stesso regolamento, condizione di parità fra i due contendenti etc. Le hema, però, al momento, appaiono ancora “immature” sotto questo punto di vista. Infatti non esistono, attualmente, regolamenti universalmente accettati, né una divisione in gradi più o meno oggettiva. Paragonando il tutto ad altre discipline, potremmo dire che in questo modo si rischia di mandare una squadra di calcio di paese a giocare contro una di serie A, oppure fare combattere un quarto dan di karate contro una cintura arancione. La gara, infatti, permette di valutare il proprio grado di apprendimento solo se l’abilità dell’avversario è comparabile alla propria. Del resto, la nostra disciplina è ancora molto giovane. Ci sono anche alcune realtà che si stanno muovendo per creare circuiti di gare tenendo presente questo principio.

Tornando al dibattito originario, fra approccio marziale e sportivo nelle hema, personalmente temo che volere fondere i due percorsi non porti a grandi risultati in nessuna delle due direzioni. Un allenamento “a metà” rischia di rivelarsi fallace sia per l’approccio marziale che per quello sportivo. Ritengo quindi più produttivo scegliere il proprio obiettivo in una sola delle due vie e allenarsi con gli strumenti che le sono propri. Poi, naturalmente, nulla vieta di cimentarsi all’occasione nell’altra via, per curiosità, per divertimento o per qualunque altra ragione, ma consapevoli che si potrà risultare meno performanti di chi vi si dedica a tempo pieno.

Fabio Serraglio

martedì 9 febbraio 2016

Seminario con Roland Warzecha

Lo scorso week-end (6-7 febbraio 2016) ho avuto la possibilità di partecipare per la prima volta ad un seminario tenuto dal celebre istruttore Roland "Dimicator" Warzecha.

In particolare, il seminario verteva sul combattimento con spada e scudo vichingo. 
Sebbene questa non sia esattamente la mia disciplina di riferimento, ho comunque deciso di parteciparvi assieme ai cari amici dell'associazione Speculum Historiae, Federico Malagutti ed Elisa Zanoli.
L'esperienza si è rivelata illuminate sotto molti aspetti: avendolo potuto vedere di persona, e dopo qualche assalto di spada e brocchiero, posso dire con tranquillità che Roland è probabilmente uno dei migliori schermidori nell'ambito delle hema, e questo traspare dal suo modo di muoversi, la sua calma e sicurezza nell'affrontare un assalto e il controllo assoluto dell'azione che sta compiendo.
Grazie all'approccio calmo e controllato, che sempre di più si sta rivelando essere per me l'approccio migliore a queste discipline, ho potuto vedere nuovi dettagli riguardo alla postura e alla gestione dell'approccio all'avversario attraverso il passeggio, nonché avere conferme sul mio attuale operato. Ora ho parecchi nuovi elementi da metabolizzare e integrare in quanto già facevo.

Ringrazio tutti i miei compagni SH (Lorenzo, Vittorio, Fabio e anche tutti quelli che non hanno potuto partecipare), Federico ed Elisa per queste due meravigliose giornate schermistiche. Spero si possa ripetere l'esperienza al più presto.

Fabio Serraglio

martedì 26 gennaio 2016

Basi della scherma: Tempo

Altro concetto alla base di ogni nostra azione schermistica è il Tempo.

Sebbene la parola usata sia la medesima, il “Tempo” non va confuso con il “tempo”. Un buon termine equivalente potrebbe essere Occasione: il Tempo è l'occasione di colpire o di essere colpiti.

Ogni volta che effettuiamo un qualunque movimento, sia esso fatto con la spada, col corpo o con i piedi, creiamo un Tempo. Trovo estremamente calzante la definizione fornita da Angelo Viggiani:
"è dunque un tempo, un moto, ch'invece di chiamarlo moto, lo chiamiamo tempo, perché l'uno non abbandona l'altro; et la guardia è la quiete, et il riposo sopra qualche sito, et forma. In conclusione tanto viene a dir tempo, et guardia, quanto moto, et quiete. Dove di necessità, che come sempre tra due moti è una quiete, et tra due quieti s'interpone un moto; parimente tra due colpi menati, o due tempi, o due moti, si ritrovi una guardia. Et tra due guardie, o quieti (come dire volete) vi si interponga un qualche colpo, et tempo."

Ritengo che gli autori che suddividono il tempo in maniera più chiara e intuitiva siano il dalle Agocchie e il Marcelli.

Il primo autore ci indica cinque "Tempi da ferire":
"Cinque modi sono da conoscere questo tempo da ferire: Il primo è, quando haverete parato il colpo del nimico, che all'hora è tempo da ferire. Il secondo, quando il colpo vi averà trascorso fuori della persona, che quell'è tempo da seguirlo con la risposta più convenevole. Il terzo, quando egli alzasse la spada per offendervi: mentre ch'egli alza la mano; quell'è il tempo di ferire. Il quarto, come egli si movesse senza giudicio d'una guardia per andare in un'altra; avanti ch'egli sia fermo in essa, all'hora è tempo di offenderlo. Il quinto et ultimo, quando il nimico è fermo in guardia, et ch'egli alzasse, ò movesse il piede, che averà innanzi per mutarsi di passo, o per accostarsi; mentre ch'egli alzerà il piede, quello è tempo da ferirlo: perché egli non può offendervi per esser discomodo."
Nei quali possiamo poi ferire in tre modi:
" di quanti tempi con la spada si può ferire? Gio. Di due tempi, un tempo, et mezzo tempo. I due tempi sono quelli, quando la spada para e poi ferisce. Un tempo è quello, quando si ferisce senza parare il colpo, ò vero quando si para, et si ferisce in un istante. Il mezzo et ultimo è quello, quando si ferisce, mentre che l'inimico tira il colpo."

L'autore romano, invece, si spinge oltre.

Come spiega dettagliatamente il Maestro Francesco Lodà nel suo libro "Manuale di scherma storica":
"la prima distinzione operata da Marcelli, punta a chiarire il rapporto del tempo schermistico con le azioni degli schermidori, identificandolo con il gioco delle intenzioni. 
Esiste dunque il Primo tempo, o Prima intenzione, o Tempo di risoluzione, che riassume le azioni di Proposta: in questa categoria sono incluse tutte le tecniche che mirano a ferire direttamente il bersaglio, comprese quelle che hanno l'intento di superare la reazione dell'avversario. E' questo il tempo di chi prende l'iniziativa.
Il Dopo tempo, o Seconda intenzione, riassume le azioni di Risposta: in questa categoria sono riassunte tutte le risposte che lo schermidore usa dopo aver parato, e quindi dopo la conclusione del primo tempo dell'avversario. 
Si ha poi lo Stesso tempo, o In tempo assolutamente, che riassume tutte le reazioni che vanificano l'azione avversaria durante il suo sviluppo e prima della sua conclusione. Sono queste le azioni in cui ci si difende dell'avversario offendendolo contemporaneamente. 
Questi tempi riassumono così i vari ruoli degli schermidori nel tirare: agente, che tira di Primo tempo, e paziente, che reagisce in modo e tempi diversi con un Dopo tempo o con uno Stesso tempo."

A questi se ne aggiunge poi un altro, il Contratempo, del quale tuttavia tratteremo in un altro articolo.

Ovviamente il concetto di Tempo non può essere totalmente slegato da quello di tempo che scorre. Se infatti aspetto in maniera eccessiva per cogliere l'occasione, essa passerà e io avrò perso il momento propizio per ferire. Il detto "Chi ha Tempo non aspetti tempo" deriva infatti proprio dall'ambito schermistico: lo ritroviamo infatti in Mattei (1669).

Per rendere il tutto più complesso, occorre aggiungere che per cogliere il Tempo corretto, non ci si limita al semplice concetto di azione-reazione, ma molto spesso, occorre poter prevedere in anticipo le reazioni avversarie e partire prima che l'avversario si sia mosso al fine di poter attuare la nostra azione. Questa capacità di prevedere le mosse avversarie è da ricercarsi in quello che in termini moderni viene definita Programmazione attraverso lo studio del pensiero strategico-tattico.

Fabio Serraglio

Bibliografia:
- Francesco Lodà,"Manuale di scherma storica. La striscia nel Seicento e nel Settecento", 2014, Bonanno Editore
- Angelo Viggiani dal Montone, "Lo schermo", 1575, Venezia presso G. Angelieri
- Giovanni dalle Agocchie, "Dell'arte di scrimia in libri tre", 1572, Venezia presso G. Tamborino

mercoledì 13 gennaio 2016

I 5 principi secondo Giacomo di Grassi

Rimango sempre affascinato da come alcuni autori siano riusciti a sintetizzare in poche semplici linee di testo tutta la complessità dell'arte della scherma. In particolare Giacomo di Grassi ne sintetizza i principi in cinque semplici regole:
  1. la linea retta è la più breve di ogni altra.
  2. chi è più vicino giunge più presto.
  3. un cerchio che giri ha maggior forza nella circonferenza.
  4. più facilmente si resiste alla poca che alla molta forza.
  5. ogni moto è fatto in tempo.
"Che da questi avertimenti ne nasca il giuditio e cosa chiarissima, percio che altro, non si ricercha in quest'arte che ferir con avantaggio et per difendersi sicuramente, il che si fa ferendo per linea retta di punta, o di taglio dove la spada ha più forza ferendo prima l'inimico che esser ferito, il che si fa quando si conosce di esser più vicino all'inimico, ne quali casi si spinge, perche pochi o niuno è che sentendosi ferir non dia indietro et resti di fare ogn'altro moto c'havesse incominciato, et sapendo poi che ogni moto si fa in tempo, si procura per ferir et riparar di far manco moti che sia possibile per consumar poco tempo, et facendone molti l'inimico, si puo star avertito di ferirlo, sotto uno o più tempi indebitamente consumati."
Fabio Serraglio

venerdì 8 gennaio 2016

Basi della scherma: Misura

Ho pensato di scrivere una serie di post riguardanti gli aspetti basilari della scherma. Questo perché senza l'approfondita comprensione di questi principi di base, risulta lacunare lo studio delle azioni schermistiche, sia prese fuori dal loro contesto, sia considerandole nel quadro d'insieme del sistema schermistico da noi adottato.

Specifico da subito che non esistendo sempre un vocabolario comune tra i vari autori rinascimentali, ho deciso di adottarne uno basato principalmente su Marcelli, in parte liberamente interpretato e semplificato: spero tuttavia che le definizioni siano sufficientemente chiare.

Il primo aspetto che desidero prendere in considerazione è la Misura.

La misura è la distanza che separa me dal mio avversario. Più precisamente è la distanza che separa la parte del mio avversario che voglio colpire e la parte con la quale io lo voglio colpire. In tal senso, la misura è relativa, in quanto a seconda delle situazioni potrò trovarmi a misura per colpire determinati bersagli e fuori misura per altri: ad esempio potrei essere a misura per colpire il braccio armato, ma non la testa, o a misura per colpire la testa ma non le gambe.
Va inoltre precisato che la misura è condizionata dalle proporzioni del nostro corpo e di quello avversario: un avversario più alto di me, a parità di bersaglio, si troverà a misura quando io non lo sarò.

Passiamo ora a descrivere alcune misure particolari.
Anche in questo caso occorre fare delle premesse, ovvero: ho considerato nelle definizioni che si opti per il colpo di punta, in quanto più lungo, rapido e vantaggioso (all'interno del mio sistema schermistico di riferimento). Le stesse definizioni valgono anche tuttavia per i colpi di taglio, sebbene le distanze assolute saranno più brevi. Di solito infatti si ha uno sfasamento di un "gradino" tra la misura per la punta e quella per il taglio. Questo gradino esiste anche tra il bersaglio avanzato e quello profondo.


  • Fuori misura - la distanza dal mio avversario è tale che per poterlo raggiungere devo effettuare almeno un passo in aggiunta al passo e affondo (passo scurso secondo la scuola romana). Questa è la misura più sicura, in quanto il mio avversario non potrà ferirmi a meno che non decida di lanciarmi la spada.
  • Larga misura - la distanza è tale che per colpire il mio avversario devo effettuare un passo e affondo. Questa è la misura dalla quale vorrò tendenzialmente cominciare la mia azione schermistica: è ideale per usare le finte, le provocazioni e in generale azioni complesse che possano essere soggette a contrarie "in Tempo".
  • Giusta misura - la distanza è tale che per colpire il mio avversario devo distendere il braccio ed effettuare un affondo o un mezzo passo. Questa è la misura nella quale, se sono un esperto schermidore, voglio portarmi per colpire con certezza il bersaglio profondo. Sebbene ci esponga notevolmente a contrarie "in Tempo", ci da ancora sufficiente Tempo per reagire agli attacchi avversari, sia di Dopo Tempo che di Stesso Tempo.
  • Stretta misura - per colpire il mio avversario mi basta il solo allungo del braccio. Questa misura è il "place" di Silveriana memoria. Da tale misura le mie azioni di "primo Tempo" sono sostanzialmente irreparabili se eseguite alla giusta velocità, tuttavia è una misura assai pericolosa in quanto, data la mancanza di Tempo per reagire, è facile provocare un Incontro (cioè rimanere entrambi feriti). Al contrario se vi si arriva in "vantaggio di Tempo" si rimane in condizione di superiorità tattica: si agisce infatti in "True time".
  • Strettissima misura/lotta - si è così vicini da entrare in corpo a corpo con l'avversario. Da questa misura la spada risulta quasi inservibile se usata nella maniera canonica (è ancora possibile effettuare certe azioni di taglio), ma ancora utile se usata in atto di spada in arme (usando il pomolo e la guardia come strumenti percussivi) o per eventuali disarmi.

Nell'analisi delle varie tecniche schermistiche è importantissimo considerare la misura alla quale andrebbero correttamente eseguite. Tenere in considerazione questo fattore ci aiuta a comprendere quale sarà il tipo di passeggio più congeniale e, di conseguenza, il Tempo nel quale eseguire l'azione. In particolare bisogna tenere conto del fatto che:

  • La punta ha maggiore misura rispetto al taglio. Questo ci fa capire come essa sia sostanzialmente sempre il colpo da preferire in quanto più "sicuro". Possiamo infatti ferire il nostro avversario dalla massima distanza possibile, e di conseguenza anche nel minor tempo, perché percorrere lo spazio necessario a effettuare un taglio richiede Tempo.
  • Quando sono a misura anche l'avversario dovrebbe esserlo. Questo ci fa capire che se il mio avversario si muove per ferirmi, io posso ferirlo con uno stesso colpo anche senza muovermi. Se l'avversario tira una punta, dopo la mia azione difensiva, potrò ferirlo anche io di punta, ma non di taglio (mi occorre ancora un passo); se invece l'avversario tira di taglio posso ferirlo tanto di punta (in tempo sarebbe una contraria ideale) quanto di taglio.

Eccoci giunti alla fine di questo lungo discorso. Spero che sia stato chiaro, che lo abbiate trovato interessante e che possa servirvi come spunto sul quale riflettere durante la vostra pratica schermistica.

Fabio Serraglio

giovedì 7 gennaio 2016

Importanti cambiamenti

In seguito alla comunicazione ufficiale da parte della ASD La Sala delle Armi di cui allego il link , comunico anche io la mia scissione dalla SdA.

Come già scritto dal mio collega Federico Malagutti, nell'ultimo anno le mie aspettative, interessi e metodi sono radicalmente cambiati. A parer mio, ormai le differenze metodologiche e in termini di obiettivi risultavano così palesemente differenti che non sembrava giusto continuare a volerle forzare all'interno dello stesso percorso.
Ovviamente non è stata una decisione presa a cuor leggero. 
Ritengo però che questa sia la scelta più corretta per tutti, allievi e colleghi istruttori.  
Ovviamente auguro alla SdA e a tutti i suoi membri un futuro di ottimi risultati e crescita schermistica...

Fabio Serraglio 

lunedì 4 gennaio 2016

The true... True time

Che cos’è il “True time”? Questa espressione, di cui talvolta addirittura si abusa, è stata coniata da George Silver nella sua opera “Paradoxes of defence” del 1599. Normalmente, si tende ad attribuirle il significato seguente: la sequenza con cui bisogna muovere gli arti nel portare un colpo è mano, corpo, piede/i. Contrariamente, se si usa la sequenza piede, corpo, mano si è in “False time”. Sebbene tale sequenza sia corretta, e sia innegabile il fatto che la mano si muova più velocemente del corpo e dei piedi, il termine True time non si esaurisce in questo.

Innanzitutto, bisogna partire dal presupposto che Silver vuole condurre la sua azione schermistica ideale da quello che lui chiama "the Place", ossia la distanza dalla quale può colpire l'avversario semplicemente distendendo il braccio. Alcuni autori italiani direbbero di essere a misura stretta. La sua strategia e tattica consistono tutte nel riuscire ad arrivare a questa misura di braccio. Ora, come ci si arriva? Qui viene il difficile. Lui, infatti, ci dice che ogni volta in cui dobbiamo muoverci con i piedi verso l'avversario per poterlo colpire, agiremo in False time; questo perché, quando devo muovermi, la velocità con la quale la mia spada arriva a bersaglio è inevitabilmente legata a quella dei miei piedi, essendo questi i più lenti (indipendentemente dal fatto che io muova prima la spada o meno). Quindi, come faccio ad arrivare in questo place senza fare un False time? Semplice (relativamente): eseguo un'azione nel place dal quale posso colpire solo un bersaglio avanzato, per esempio, o dove posso eseguire una battuta sulla spada, o prendere il legamento, o eseguire una finta. Quando eseguo una delle azioni citate e l'avversario reagisce, ecco che mi sta dando un Tempo, Tempo nel quale io posso muovermi e raggiungere il mio place dal quale attaccare un bersaglio profondo in sicurezza. Dal place, infatti, sarò sempre in vantaggio di Tempo e potrò quindi agire in maniera sicura in True time. Quindi, in questo caso, avrò eseguito un True time of the hand, body, foot/feet, al quale potrò far seguire ulteriori True time. Insomma, finché io sono nel place agisco in True time e viceversa. Altra situazione avviene quando è l'avversario ad attaccare (sia che sia lui a cercare il suo place, sia che sia ignaro di ciò ed esegua un False time). In questo caso, anche quando mi difendo parando, muovendomi o entrambe le cose assieme, sto eseguendo un True time per portarmi nel place. Da lì, a seconda di dove sono e che azione difensiva ho eseguito, posso eseguire ulteriori True time per andarlo a ferire, rimanendo in vantaggio di Tempo.

Ora, Silver mosse una pesante critica nei confronti della scherma italiana, che era approdata in Inghilterra in quegli anni. In sostanza, affermò che la scherma che insegnavano gli italiani fosse tutta Falsa: secondo lui, infatti, i maestri non sarebbero stati consapevoli delle leggi che regolano il duello schermistico e avrebbero portato dunque a morte certa gli allievi, destinati casomai a sopravvivere più grazie alla buona sorte che a dei veri principi schermistici. In realtà, seppure non li chiamassero esplicitamente True time, gli italiani si sono dimostrati ben coscienti di tali principi, che emergono già dalla scuola bolognese e sono ben descritti sia in Di Grassi (il cui trattato fu tradotto in inglese pochi anni prima della pubblicazione del “Paradoxes of defence”) che, successivamente, negli autori del Seicento. Marcelli, in particolare, li porterà ai massimi livelli, andando addirittura a cominciare l’azione un passo più indietro, ben conscio di come stare alla sola misura di braccio (o meglio braccio e affondo per lui e coevi) sia troppo pericoloso.

Ci tengo a ringraziare Martin Austwick per il suo approfondito lavoro su Silver, che mi ha permesso di capire questo concetto di non immediata comprensione.


Fabio Serraglio